Tutti in cerca di buona sorte
Per Capodanno si intende il 1°
gennaio. Ovvero la giornata che comincia, subito dopo la mezzanotte, a suon di
cin-cin e con diversi riti benauguranti, anche per quanto riguarda il cibo.
Basti pensare alle portate principali: dalle lenticchie al cotechino, dallo
zampone all’uva, tutti ingredienti che hanno mantenuto fino ai giorni nostri la
loro aurea di portafortuna e che per questo continuano a essere dei grandi
classici in occasione del cenone di Capodanno.. E il motivo è sempre lo stesso:
secondo alcune tradizioni popolari si tratta di alimenti che favoriscono un
nuovo anno ricco di soldi, salute e soddisfazioni un po’ in tutti i settori.
Il Capodanno e la sua storia
La storia del Capodanno, una
festività di origine pagana, affonda le sue radici all’epoca dei babilonesi,
che però di solito celebravano il cambio tra un anno e l’altro in
corrispondenza dell’equinozio di primavera, restituendo gli attrezzi agricoli
ricevuti in prestito come segno di buon proposito per la nuova annata. Nel 46 a.C.
Giulio Cesare dettò poi il passaggio al calendario giuliano e la festa, che per
gli antichi romani aveva lo scopo di celebrare il dio Giano (probabilmente la
divinità principale del pantheon in epoca arcaica) iniziò così a cadere tra il
31 dicembre e il 1° gennaio. A partire dal 1582, con l’introduzione
dell’attuale calendario da parte di Papa Gregorio XIII, la storia ha poi preso
una direzione ben precisa, ed ecco il Capodanno così come lo conosciamo.
Rituali e tradizioni dalla Cina
all’antica Roma
A resistere nel tempo sono state
anche le tradizioni legate a questa festa: dall’uso del vischio, ritenuto
benaugurale in quanto fonte di purificazione oltre che vero e proprio elisir
contro la sterilità, ai fuochi d’artificio, inventati in Cina intorno all’ottavo
secolo dopo Cristo. Sempre dall’antico Impero Celeste arriva anche l’usanza di
indossare qualcosa di rosso per celebrare l’inizio dell’anno nuovo. Secondo la
tradizione cinese, infatti, il rosso è il colore che spaventa Niàn, la bestia
divoratrice che, proprio a Capodanno, esce dalle profondità marine per nutrirsi
di carne umana. Ma il rosso era considerato di buon auspicio anche nella Roma
imperiale: durante le celebrazioni per il nuovo anno, infatti, le donne si
vestivano di porpora, il colore del coraggio, della passione, del potere e
della fertilità. Un’altra tradizione benaugurante è poi quella di lasciare le
finestre aperte alla mezzanotte oppure di gettare le cose vecchie per far
spazio ai nuovi progetti. In passato, in Italia e non solo, tanti decidevano di
portare a termine questo rito propiziatorio addirittura buttando oggetti ormai
inutili dal proprio balcone.
Le specialità regionali legate
al Capodanno
“Quello che si fa a Capodanno si
fa tutto l’anno”: è una delle frasi più pronunciate durante i festeggiamenti,
seguita dagli immancabili buoni propositi per i primi di gennaio, che però
nella maggior parte dei casi vengono disattesi. Uno per tutti? Quello di
mettersi a dieta. Dimenticandoci per un attimo della bilancia, quindi, ecco un
breve tour fra i piatti regionali di Capodanno. Si comincia dal Piemonte con il
bollito e il pollo alla Marengo, servito con gamberi e funghi. Nella città di
Napoli a Capodanno regnano baccalà e capitone, anche impanato. In Lombardia il
panettone è immancabile. In Alto Adige invece spazio a canederli e tirtlan, dei
grossi ravioli fritti con una farcitura di verza o spinaci, talvolta
accompagnati con una zuppa d’orzo. Il cotechino è diffuso a tutte le
latitudini, però è l’Emilia-Romagna la vera patria, mentre in Puglia le feste
di fine anno fanno rima a tavola con panzerotto fritto, cicorie, calzone
ripieno, cartellate e agnello con lampascioni. In Liguria, infine, il
protagonista della cena di San Silvestro è il cappon magro, che a dispetto del
nome non è un gallo, ma un pesce: il cappone appunto.
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