La luna
piena del 7 ottobre 2025 sarà una superluna: ieri come oggi è il momento giusto
per raccogliere le noci e per preparare la cotognata tradizionale.
Articolo di
Maddalena De Bernardi
La luna piena del 7 ottobre 2025 sarà doppiamente speciale:
non solo la più vicina all’equinozio d’autunno, ma anche una superluna. Si
troverà infatti al perigeo, il punto più vicino alla Terra lungo la sua orbita,
apparendo più grande e luminosa del solito.
La luna piena di ottobre è conosciuta come “luna del
raccolto” (Harvest Moon) e, in alcune tradizioni, anche come “luna del
cacciatore”. Il nome nasce dal mondo agricolo: era la luna che illuminava i
campi dopo il tramonto, intorno all’equinozio d’autunno, permettendo ai
contadini di continuare la raccolta anche di notte.
Le ultime settimane di settembre e le prime di ottobre
rappresentavano un tempo prezioso per completare la vendemmia e i lavori
stagionali prima del freddo. Erano i giorni delle ultime raccolte, ma anche
l’inizio delle battute di caccia, fondamentali per garantire scorte di carne
per l’inverno.
Tradizioni d’autunno
In Italia e in Europa la luna piena di ottobre segnava un
periodo agricolo intenso: la vendemmia volgeva al termine, si raccoglievano
castagne, noci, mele e pere, mentre nei campi si seminavano grano e cereali per
la primavera. I proverbi popolari ricordavano di non rimandare i lavori oltre
San Luca, il 18 ottobre, considerato un vero e proprio “nodo del tempo”:
giornate in cui osservare con attenzione i segni del cielo e del clima.
Ritardare la semina poteva compromettere il raccolto, per
questo i contadini dedicavano le prime settimane di ottobre a spargere i semi
sotto la protezione della luna. Si credeva che la sua luce favorisse la
germinazione: seminare in luna crescente garantiva spighe robuste, mentre la
luna calante aiutava il radicamento. Un sapere antico, fatto di osservazioni
tramandate, che intrecciava astronomia popolare e necessità agricole.
Cucina della luna di ottobre
Ottobre era il tempo delle noci, raccolte e lasciate
asciugare al sole per essere custodite nelle dispense insieme alle castagne,
preziose scorte per i mesi freddi. Mentre nei boschi risuonavano i bramiti dei
cervi, nelle cucine sobbollivano mosto cotto e conserve di frutta selvatica. La
cucina popolare rifletteva la ricchezza dei tesori autunnali: castagne bollite
o ridotte in farina per polente e dolci rustici, pani e focacce d’uva, sughi e
saba a base di mosto.
Tra i frutti simbolo
della luna piena di ottobre ci sono le mele cotogne, che maturano proprio in queste
settimane. Dalla loro polpa soda e profumata nasceva la cotognata, una gelatina
compatta che le famiglie contadine preparavano cuocendo a lungo la frutta con
zucchero o mosto (anticamente con la saba), poi stesa in stampi. Una conserva
amata, capace di durare tutto l’inverno.
In molte tradizioni popolari la cotognata si cucinava nei
giorni di luna piena, convinti che la sua luce proteggesse la conserva da muffe
o alterazioni. La cotognata, una volta solidificata, veniva tagliata a
quadretti e servita come dolce delle feste o con pane e formaggi, piccola
scorta di dolcezza per i mesi freddi.
La mia ricetta della
cotognata tradizionale
Ingredienti
2 kg mele cotogne mature
1,2 kg zucchero
acqua q.b.
succo di 1 limone
Procedimento
Lavate le mele senza sbucciarle, strofinando bene la buccia.
Tagliatele a pezzi e mettetele in una pentola con acqua
sufficiente a coprirle a metà.
Cuocete a fuoco dolce finché morbide, poi passatele al
setaccio o al passaverdure per ottenere una purea liscia.
Pesatela e aggiungete circa 600 g di zucchero per ogni chilo
di polpa.
Unite il succo di limone e riportate sul fuoco.
Cuocete lentamente, mescolando di continuo, finché il
composto sarà denso e inizierà a staccarsi dalle pareti.
Versate la cotognata calda in stampi rivestiti di carta forno
o leggermente unti, livellate e fate raffreddare.
Quando sarà ben soda, capovolgetela, tagliatela a quadretti e
conservatela in scatole di latta o vasi di vetro, separando i pezzi con carta
oleata.
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