I morti si celebravano già nel Medioevo. La giornata prescelta era la domenica che precede di due settimane l’inizio della quaresima, quindi fra gennaio e febbraio. Il rito attuale viene, secondo la chiesa latina dalla scelta di un abate benedettino di Cluny. Nel 998 fece suonare le campane funebri dopo i vespri del 1 novembre e il giorno successivo offrì l’eucarestia pro requie omnium defunctorum. Questa celebrazione nel XIV secolo è diventata di tutta la Chiesa Cattolica.
Portiamo fiori al cimitero e oggi in particolare portiamo crisantemi. Il nome significa fiore d’oro. Era
già coltivato in Cina cinque secoli prima di Cristo, mentre in Europa si
diffuse alla fine del 1700 in Francia, in Italia e in Inghilterra. In Giappone
è fiore nazionale e si usa per le nozze. In molti Paesi è il simbolo di vita,
forza d’animo e pace.
In Guatemala c’è la cerimonia di
costruzione di un enorme aquilone al cimitero. Farlo volare è di buon auspicio
per chi ha lasciato questa terra. In Messico si preparano altari dei morti
anche in casa perché la tradizione vuole che i defunti tornino a trovare chi è
ancora vivo. La festa, El dia de los muertos, che è patrimonio immateriale
dell’umanità, ha un lato allegro come racconta Coco, il film animato della
Disney premio Oscar nel 2018. Si vede nei colori e nel modo di esorcizzare la
morte che si chiama Catrina e veste come una donna elegante dell’Ottocento. Già
per le civiltà precolombiane l’idea della morte era legata al concetto di
rinascita e il calendario azteco li festeggiava a fine agosto. Oltre ai fiori
sulle tombe si portano foto, liquori e sigarette. C’è anche chi dorme al
cimitero. I dolcetti tipici sono calaveras, piccoli teschi di zucchero
colorato. Lo potete avere anche con il vostro nome sopra.
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